Cosa consente di distinguere ciò che è bene da ciò che è male? I precetti morali che ci sono stati impartiti al riguardo, si rivelano fruttuosi in due casi esemplificativi: nella coscienza di un bambino, ed in quella di un essere illuminato.
Il bambino può mutuarli senza metterli in discussione (!) ed in un contesto di individui realmente evoluti passare alla loro applicazione. Condizione che ancora non sembra caratterizzare la nostra società…
Un individuo illuminato ha estratto dalla sua esperienza la conoscenza che tutti pur nella diversità, proveniamo da un’unica sorgente, ed alla luce di questa consapevolezza è in grado di applicare il discernimento.
In tutti gli altri casi che costituiscono la norma, per passare dalla coscienza del bambino con il suo indottrinamento a quella di un individuo pienamente consapevole di se e del mondo che lo circonda, c’è un’infinita espressione di livelli di coscienza caratterizzati dal sapere che si acquisisce, ma soprattutto dalle esperienze che si vivono.
Il maturare di un’anima spesso avviene proprio nello scoprire che non tutto ciò che viene definito come “male” è tale e viceversa. Ma tale insegnamento è impossibile da trasmettere teoricamente, si dovrà sperimentare la vita per farlo proprio e non senza disillusione e sofferenza.
In questo spazio popolato da noi tutti c’è chi ha raggiunto un grado di consapevolezza che gli consente di essere più acuto di altri, di vedere oltre le rappresentazioni, di cogliere verità che non tutti sono in grado di scorgere.
Questi individui, semi di saggezza in divenire , sono anche loro soggetti al paradigma di bene e male ed a seconda dell’orientamento restituiranno opere che aiutano l’esistenza o opere che ne succhieranno la linfa a proprio unico vantaggio.
Questi ultimi che definirei “lucidi”, a ragione di loro percorsi di vita, per inclinazione naturale o perché profondamente orientati al guadagno, scelgono di nascondere la loro perspicacia, o meglio, la agiscono camuffandola, e con lucidità la amministrano per fare leva su quelli che sanno essere i punti deboli degli altri.
E’ così che funziona la pubblicità mirata a colpire l’emotività dei consumatori, l’informazione dei media che viene opportunamente direzionata, il buonismo, l’etica fondata sull’ipocrisia…
Dico questo perché ancora oggi la narcosi dei luoghi comuni continua a fare vittime, e c’è necessità che un social come facebook diffidi gli utenti dall’elargire somme o “like” su immagini compassionevoli messe lì per dirottare su un sito apposito, o rubare danaro.
Non si tratta di non avere tenerezza d’animo, o di vedere solo il lato peggiore delle cose, ma di esercitare una vigilanza sui propri ed altrui contenuti mentali.
Le forze inconsce individuali non sono solo tali, ma collegate con un filo agli archetipi collettivi dell’umanità intera. La bellezza e l’amore, l’altruismo e le buone aspirazioni, non sono disgiunte da sentimenti come l’invidia, la rabbia, la malevolenza, e purtroppo anche queste ultime sono patrimonio comune.
Reprimere la negatività, considerarsi “sbagliati” e proiettare sull’altro la bontà che ci appartiene è uno dei passi falsi che conduce alla sofferenza. Ergersi a buoni individui può invece portare a vedere il male solo all’esterno di noi…
Così… è cercando di cogliere la nostra totalità che possiamo includere anche quella del prossimo, e realizzare gli intenti positivi che possono nascondersi dietro modi destabilizzanti, o la malafede di chi intende ingannarci con arte.